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Mostra fotografica di Gian Paolo Lucato

Tra apparenza e realtà: mostra fotografica di Gian Paolo Lucato. In Biblioteca 4 – 25 Ottobre 2014. L’Assessore Mattia Pieropan: “La Biblioteca di Arzignano si distingue per la sua carica innovativa. Come potevamo quindi ignorare l’opera fotografica di Gian Paolo Lucato, la cui lucida ed inquieta ricerca apre nuovi ed inaspettati squarci nella visione del quotidiano”

TRA APPARENZA E REALTA

Biblioteca Civica di Arzignano

mostra fotografica di
Gian Paolo Lucato

4 – 25 Ottobre 2014

L’autore sarà presente in Biblioteca sabato 4 ottobre dalle 15,30  per incontrare il pubblico

La “Società dello Spettacolo” di Debord dà una idea chiara di quanto le immagini che ci bombardano con ogni mezzo e in ogni luogo possono deformare la nostra nozione di vero, autentico, reale. Anche la fotografia, considerata un documento che attesta il vero, ha una sua illusorietà e fallacia. Intorno a questo tema si realizza il mio lavoro, corroborato dallo studio della fenomenologia del filosofo francese Merleau-Ponty ed altri autori più recenti.
Ecco perché parto dalla fotografia realista di paesaggi che trasformo in tran-paesaggi attraverso delle variazioni chiaroscurali con le quali il luogo perde la propria identità spaziale, vedi la prospettiva, e sostanzialmente concettuale. Intendo minare le certezze che le immagini vogliono propinarci, diffondendo il dubbio. In questo lavoro confronto l’immagine di un luogo-paesaggio con l’oggetto vero (una foglia che c’è nella fotografia).
“Ceci n’est pas une pipe”

Gian Paolo Lucato    19 maggio 2013

“Gian Paolo Lucato
Quando l’immagine crea il mondo
La fotografia tradizionale (analogica) è un puro strumento di registrazione: essa, in qualche modo, è al totale servizio del reale: ne dà una testimonianza oggettiva, ne suggella in maniera scrupolosa e ossessiva i dati concreti. Lo rileva a chiare lettere anche lo studioso tedesco S. Kracauer: “Il fotografo – scrive – deve riprodurre gli oggetti posti davanti al suo obiettivo e gli manca assolutamente la libertà, il privilegio che invece ha l’artista, quello cioè di disporre le forme esistenti e le loro reciproche relazioni spaziali secondo la loro intima visione”. Ebbene, quando Gian Paolo Lucato inquadra un parco, una veduta marina, una cascata non lo fa per riprodurre a specchio il mondo, quanto invece per interpretarlo, se non addirittura per trasfigurarlo. Non gli interessa certificare, autotentificare, documentare l’esistente né tantomeno produrre “una memoria di ciò che è stato” (come avrebbe detto R. Barthes): gli preme invece creare immagini capaci di trasformare i luoghi in dimensioni incollocabili che giocano tra l’uno e l’infinito, il limite e l’illimitato, il conosciuto e il conoscibile. Il taglio apre spazi infiniti, si insinua e moltiplica la lettura dell’immagine, sottoponendola a un vortice di sensi che portano verso un’ineludibile alterità, al sospetto che qualcosa di meraviglioso e insieme di estraneo s’introduce nel suo campo visivo.

Non è la tipicità di un determinato ambiente, la peculiarità di un angolo di mondo ad interessare Lucato, ma la visibilità dello stesso angolo (dello stesso ambiente). Egli non è spinto a cercare una particolare inquadratura, ma un particolare modo di vedere (che coincide anche con un particolare modo di pensare). Così, la sua fotografia, anche senza ridursi ad una pura pratica analitica o alla investigazione del proprio stesso linguaggio, si fa comunque riflessione su quelli che sono i processi percettivi e diventa verifica della natura convenzionale della rappresentazione. Lucato sembra porsi gli stessi quesiti di Merleau-Ponty: e cioè esiste la possibilità di cogliere il visibile oppure ogni tentativo è votato allo scacco? Si può redigere un bilancio esaustivo di quelli che sono i dati mondani o si è costretti a proseguire aldilà di ogni esperienza, per mettere in campo tutta una serie di strategie operative, capaci di cambiare, alterare, chiarire, approfondire, confermare, esaltare, ricreare quello che si dà direttamente alla vista?”

Luigi Meneghelli, dalla presentazione del catalogo “Trans-paesaggi” 2008.

“Lucato fotografa stralci di realtà, paesaggi, monumenti, non per riproporli nell’evidenza dei diversi fattori che compongono l’immagine e ne creano le suggestioni, ma per suggerire l’inapparente celato tra le forme della visione e fatto emergere abilmente per scansioni successive attraverso particolari interventi sulle superfici. Il fine della sua ricerca non si omologa però ad alcunché di virtuale alla moda, né si assimila a qualsiasi pur sofisticato divertimento di grafica computerizzata. Le riflessioni che sorreggono il suo operato sono complesse e attingono settori come la psicologia, dove si agitano molte delle problematiche puntualmente riaffioranti nella cultura artistica dei nostri giorni.
Partendo da un prodotto ottenuto con un procedimento tecnico definito ma suscettibile delle variazioni proprie dell’immaginazione,l’artista si inoltra in un sentiero quanto mai aleatorio, volto a decifrare le forme dei pre-sentimenti che anticipano la visione delle cose. C’è un che di pirandelliano, in questo delicato percorso: sollevando l’epidermide dei suoi fotogrammi per inserirvi risvolti nuovi, falsando i piani o smembrandone le strutture portanti, scoordinando i cromatismi e in numerosi altri modi, Lucato offre non la realtà bensì il suo specchio eventuale, dove dare vita riflessa alla sua, come alla nostra, sensibilità. “Così è,” o sembra essere, tutto ciò che appare, unico e insieme multiplo di se stesso, presente e irraggiungibile. E così si dipanano gli intrecci frammentari dello sconfinato mondo, possibile e non documentabile, delle percezioni visive: ogni foglio è un gioco di sottili seduzioni, proposto tra abilità tecnica e libertà di fantasticare e cadenzato nei modi discreti più idonei ad avvicinare le immagini fotografiche alla pittura, con una scelta oculata di luoghi e tempi.”
Resy Amaglio

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